Nella Cattedrale di Ozieri la copia di un Ecce Homo di Vicente Juan Masip Navarro Navarro detto Juan de Juanes
di Gian Gabriele Cau
Nel 1974, per il tramite dellesecutrice testamentaria Maria Marinelli, un olio su tela raffigurante un Ecce Homo fu trasportato dalla residenza romana del generale n.h. Giovanni Baroncelli alla Cattedrale Un esame pi attento dellopera ha rivelato che si tratta di una copia seicentesca, un olio su tela, in scala pressoch reale sovrapponibile si oserebbe dire per la fedelt della derivazione - di un Ecce Homo dipinto da Vicente Juan Masip Navarro (Macip, secondo altra grafia) detto Juan de Juanes.
L’epigrafe documentale dell’edificazione della chiesa di S. Stefano di Oschiri (1492)
di Gian Gabriele Cau
L’epigrafe del S. Stefano di Oschiri, attesta in caratteri tardomedioevali con taluni accenti gotici, in alternanza maiuscoli e minuscoli talvolta stretti in un nesso, nella quale convivono reminiscenze di un latino ecclesiastico e di un logudorese, l’edificazione della chiesa campestre. La fabbrica è chiusa nell’anno del Signore 1492, per opera del maestro Sebastiano M(urr)ai, allorché (era) vescovo il frate agostiniano Giovanni Crespo vescovo di Castro tra la fine del 1590 e il 1593 circa.
La cuspide della Crocifissione di Ardara
di Gian Gabriele Cau
Nel 1899 il sassarese Enrico Costa fissava in un disegno schematico, nel suo "Un giorno ad Ardara", l'architettura del Retablo Minore di Santa Maria del Regno. In tutto corrispondente all'immagine pervenutaci, il polittico si differenziava solo per la presenza di una cuspide raffigurante Maria e Giovanni al piede della croce. E' questa del Costa la prima testimonianza di quella tavola triangolare conosciuta e descritta a coronamento del Retablo Minore di Ardara dall'americana Georgiana Goddard King, nel suo Sardinian Painting del 1923. Nasce e muore qui la striminzita bibliografia di unopera dai destini assai contorti, negata per oltre tredici lunghi lustri alla devozione dei fedeli e allo studio degli storici dell'arte ormai rassegnati alla sua dispersione.
Il San Sebastiano del miracolo da Guido Reni
di Gian Gabriele Cau
Il mattino del 7 dicembre 1652, mentre il venerabile beneficiato Gerolamo Cau officiava la messa presso l'altare maggiore della parrocchiale di S. Maria ad Ozieri, una tela del San Sebastiano, copia da Guido Reni, comincio' a trasudare. Un evento straordinario che fu interpretato come un diretto intervento del santo taumaturgico.
Inedite architetture gotico aragonesi e barocche nel Duomo di Ozieri
di Gian Gabriele Cau
A lenire il dolore per l'incendio devastante che nel gennaio 2005 mand in fumo antichi arredi nella Cattedrale dell'Immacolata di Ozieri, giungono oggi, inattese, talune architetture, occultate dagli intonaci o sepolte dalla pavimentazione ottocentesca. Nella parete Est del transetto della chiesa madre sono emersi tre splendidi archi gotici e, nella cappella di S. Andrea, il sepolcro gentilizio dei De l'Arca
Dalla chiesa dei SS. Cosma e Damiano due inediti di Baccio Gorini Il Cristo compianto dalla vergine e Le Marie (inizio sec. XVII)
di di Gian Gabriele Cau
Dalla rilettura di un saggio su Bisarcio e la sua diocesi nella storia e nell'arte del 1941, del canonico Giovanni Battista Demelas, allora cappellano dellOspedale Civile di Ozieri in cui si rimpiange l'allontanamento di due tele, un Cristo compianto dalla Vergine, e Le Marie, qui attribuite a Baccio Gorini, nacque, nel lontano febbraio 2003, il desiderio di un approfondimento e di un legittimo, auspicabile recupero al patrimonio artistico della Chiesa ozierese.
Le Marie al Sepolcro di Baccio Gorini copia da Pieter de Witte detto Pietro Candido
di Gian Gabriele Cau
Dopo una distrazione protrattasi per quasi ottantanni, sono stati restituiti alla chiesa dei SS. Cosma e Damiano di Ozieri due olii su tela del primo Seicento: le Marie al sepolcro e il Cristo compianto dalla Vergine, per i quali si proposta lattribuzione allesule fiorentino Baccio Gorini. La tela dei Cappuccini Marie al sepolcro, dei due il soggetto di pi elevato pregio artistico e il pi aderente alla maniera del Gorini, copia, con marginali personali riprese, dellanalogo olio su tela confluito nel 1851, nella raccolta della Pinacoteca dellAccademia Carrara di Bergamo, uno dei pi significativi musei di arte italiana antica.
L'altare e la chiesa di N.S. di Monserrato a Ozieri
di Gian Gabriele Cau
La chiesa di N.S. di Monserrato domina dall'alto del colle omonimo l'abitato di Ozieri. La tradizione popolare la vorrebbe fondata per volont del nobile ozierese Leonardo Tola di rientro dalla battaglia di Granada. Al suo interno sull'altare maggiore un retablo ligneo assemblato, in parte forse riconducibile alla mano dell'artigiano ozierese Giacomo Camilla, un simulacro della Vergine portato da Roma nel 1606 e una cappella con volta a crocera nella cui gemma pendula sono i nomi di due scalpellini ozieresi, Antonio Pinna e Giovannangelo Tinu, gli stessi che edificarono la chiesetta di S. Maria di Ossolo presso Bidon (ante 1602) e quella magnifucente di S. Sebastiano di Sorradile (1636-1642).
La Campana Torresani (1598) di S. Maria delle Grazie di Busachi
di Gian Gabriele Cau
E ormai parte dell' arredo storico della sagrestia della Cattedrale di Ozieri una pesante campana derivante dalla chiesa di S. Maria di Busachi. Ha perso il batacchio ed acusticamente muta da tempo immemorabile, ma parla per una storia colata col metallo fuso nel crogiuolo e fissata per secoli nello stampo di argilla. Singolare esempio di eclettismo un un' epoca, l' ultimo quarto del Cinquecento, che in Sardegna puo' essere assunta a frontiera tra l'abbandono di antichi stilemi tardomedievali e l' accettazione di nuove istanze classicistiche.
La Visione del Purgatorio (1650) di Joanne Fadda De Inperu pintore de Patada
di Gian Gabriele Cau
Con una brevissima, incerta nota, appuntata il 14 gennaio 1648 da Juani Austinu Carta Canu nel registro di amministrazione della chiesa di S. Elena imperatrice parrocchiale di Benetutti, esordisce nella storia dellarte figurativa sarda un anonimo di Pattada, per il quale si propone lidentificazione in Giovanni Fadda de Inperu. La sola opera superstite, la Visione dl Purgatorio (1648) rivela ripetute incoerenze luministiche e prospettiche, una certa imperizia nel disegno e un disquilibrio scenico, con aree sovraffollate e vuote campiture di sfondo. Escluse maggiori pretese, la tela di Benetutti forse la pi antica traduzione isolana, superstite della Vergine Bruna ha valore quale non comune, definita espressione di una cultura popolareggiante di periferia, della prima met del Seicento sardo, ma in linea con gli indirizzi cultuali dettati dalla Controriforma, di cui lillustrazione del pentimento, latmosfera e i colori cupi sono efficace rappresentazione.
Ad Ozieri cinque inediti simulacri di Giuseppe Antonio Lonis il maggiore scultore sardo del Settecento
di Gian Gabriele Cau
Sulla figura di Giuseppe Antonio Lonis, il piu' rappresentativo scultore sardo, attivo a Cagliari tra la seconda meta' del Settecento e i primissimi dell'Ottocento, si concentrata l'attenzione di numerosi studiosi. Di lui gi scrive Antonio Vincenzo Sebastiano Porqueddu nel 1779, quando il Lonis nel pieno della sua attivita', fino a Francesco Virdis autore monografia sul Lonis (2004), il lavoro piu' completo, sistematico e aggiornato sul senorbiese. Con questo saggio vengono attribuiti allo scultore cinque inediti simulacri, due al museo diocesano di Arte sacra e tre nella chiesa di Nostra Signora del Rosario di Ozieri.
Un inedito simulacro del Cristo Risorto (1780 circa) di Giuseppe Antonio Lonis, nella chiesa di S. Lucia di Ozieri
di Gian Gabriele Cau
Al già notevole numero di opere attribuite a Giuseppe Antonio Lonis, parte degli arredi chiesastici della collezione del Museo diocesano di Ozieri, si somma il Risorto della Chiesa di S. Lucia di Ozieri. Non si dispone, al momento, di notizie certe sulla vicenda storica del pregevole simulacro, ma è probabile che, al pari del cinquecentesco Crocifisso gotico doloroso della prima cappella a destra in S. Santa Lucia, derivi dall’antico oratorio di Santa Croce. Per la straordinaria vicinanza fisionomica del volto illuminato di ritrovata serenità e della austerità dello svolazzo del perizoma il legno ozierese si apparente, come un fratello, all’esempio di Pabillonis, riconducibile ad un momento cronologico forse non distante dal 1779 del Cristo di Guamaggiore, opera della maturità del Senorbiese.
La Madonna della Misericordia di Giovanni da Gaeta: le ragioni della committenza.
di Gian Gabriele Cau
L’attenta analisi iconografica della Madonna della Misericordia di Giovanni da Gaeta è motivo della ricostruzione della genesi storica della tavola già nella chiesa di S. Maria del Regno di Ardara e oggi nel Castello Reale del Wawel di Cracovia. Le ragioni della sua committenza, individuate dall’autore sono tre: quella epigrafica, che formalmente giustifica l’opera, è il ventennale (1448) della seconda rivelazione mariana sul Monte Berico, a sud di Vicenza; quella pretestuosa, indicata nel dono di circostanza per il concomitante insediamento del nuovo vescovo di Bisarcio; quella realistica, riconosciuta in un disegno strategico di più ampia portata, posto in essere da Piero De’ Medici il Gottoso, committente dell’opera, mirato alla raccolta dei consistenti proventi del Giubileo del 1450. L’ipotesi è valida e ben argomentata, e ha numerosi riscontri storiografici e nella stessa tavola, dove lo studioso individua lo stemma dei Medici, l’insegna e il ritratto del Signore di Firenze, genuflesso ai piedi della Vergine. Una committenza di altissimo rango, ai massimi vertici del Rinascimento italiano, senza precedenti nella storia dell’arte isolana.